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RICORDO DELLA PRIMA PERIZIA, TRA ESIGENZA DI CONSERVAZIONE DELL'ATTO E ACCERTAMENTO DELLA PRESUNTA VERITA'
Nella pratica lavorativa quotidiana, è abbastanza frequente ricevere una telefonata o, negli ultimi tempi, una mail, neanche certificata, con la quale un perito (CTU, CTP, o più semplicemente CT), mi richieda di visionare ed esaminare un atto da me ricevuto e tenuto a raccolta nei miei rogiti, al fine di esperire le opportune indagini. Ricordo le perplessità e i dubbi procedurali di quando tale richiesta mi fu rivolta per la prima volta, ormai diversi anni or sono.
Il primo impulso fu di prendere tempo, per potermi confrontare con qualche collega più esperto di me, o, in ultima analisi, con il Notaio presso cui avevo fatto pratica. Il confronto ricordo che fu del tutto infruttuoso in quanto ai colleghi con i quali mi confrontai non era ancora capitato, mentre il Notaio con cui avevo fatto pratica, giocando sulla mia inesperienza, mi suggerì di fare estrema attenzione a come l'atto sarebbe stato utilizzato per l'indagine, manipolato, a quali strumenti di tortura sarebbe stato sottoposto(non esagero nel dire che ogni Notaio considera un proprio atto una sua creature bisognosa di cure amorevoli)e tutto ciò mi trasferì un estremo senso di angoscia e di ansia.
Superato il primo momento di comprensibile titubanza, decisi di fare una ricerca in materia aiutandomi con dei testi che avevo in studio e anche perché all'epoca "Internet" era una creatura mostruosa a cui tutti guardavano con fiducia ma che (per fortuna) non era ancora diffuso come oggi.
Constatai che c'erano pochissimi scritti dottrinali in ambito notarile sulla materia de qua, e ancor meno sentenze che si occupavano di casi specifici che potessero aiutarmi, se non sotto forma di "obiter dictum".
Decisi allora che la mia personale indagine su come rispondere al perito si sarebbe basata unicamente sulla fredda e lucida analisi delle norme della legge Notarile (L.16 febbraio 1913 n. 89) in materia di obblighi di conservazione e di custodia dei medesimi atti presso il Notaio.
Attualmente, l'obbligo di esatta custodia degli atti notarili ricevuti e/o depositati presso lo studio del Notaio, come prescritto dall'articolo 61 della L.N. è sanzionato dai successivi art.li 137, 138 e 142 della medesima legge, risulta particolarmente rafforzato anche a seguito dell'emanazione della L.342/2000, contenente disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi.
Procediamo con ordine e analizziamo brevemente il contenuto delle norme de quibus.
L'articolo 61 della L.N. prescrive che il Notaro deve custodire con "esattezza" e "in luogo sicuro", con i relativi allegati:
"- gli atti da lui ricevuti compresi gli inventari di tutela ed i verbali delle operazioni di divisione giudiziaria, salvo le eccezioni stabilite dalla legge;
- gli atti presso di lui depositati per disposizioni di legge o a richiesta delle parti.
A questo effetto li rilegherà......".
L'articolo 66 della L.N. prevede che "il Notaro non può rilasciare ad alcuno gli originali degli atti, fuori dai casi espressi nell'art. 70, e non può essere obbligato a presentarli o depositarli, se non nei casi e nei modi determinati dalla legge".
A sua volta l'articolo 70 della L.N. prevede che "oltre i casi determinati da altre leggi, il Notaro può rilasciare in originale alle parti soltanto gli atti che contengono procure alle liti, o procure o consensi od autorizzazioni riguardanti gli atti necessari alla esecuzione di un solo affare, o delegazioni per l'esercizio del diritto di elettorato, nei casi determinati dalle leggi politiche o amministrative. rilascerà pure i ricorsi di volontaria giurisdizione.......".
La novella normativa portata invece dalla L.340/2000, sancisce, nei commi I II dell'articolo 36, l'assoluto divieto per il Notaio e per gli altri pubblici ufficiali depositari di atti pubblici e scritture private autenticate tenute a raccolta, di asportare anche temporaneamente detti atti dai locali ove sono per legge conservati.
Dall'esame anche solo sommario delle poche norme citate, emerge un chiaro intento del legislatore di preservare nella maniera migliore possibile gli originali dei documenti erogati o comunque depositati presso il notaio, sanzionando anche l'eventuale violazione del precetto normativo.
Tant'è vero che, in qualsiasi ipotesi in cui un atto da trattenere a raccolta debba essere presentato a qualche Ufficio o a qualche autorità per motivi espressamente previsti dalla legge, (ad es. registrazione o trascrizione) tale obbligo di esibizione si intende idoneamente assolto con la semplice produzione di una copia conforme all'originale del documento, rilasciata dal medesimo Notaio depositario, salvo il caso specifico di un ordine espresso da parte della competente autorità Giudiziaria.
Da altro punto di vista, bisogna per altro evidenziare come il divieto appena ricordato di cui all'articolo 36 della L.340/2000, non riguarda alcune ipotesi particolari, individuate dalla stessa legge, come ad esempio il dovere di esibizione degli atti a raccolta oggetto di controllo ispettivo biennale, da eseguirsi presso l'Archivio Notarile Distrettuale, ai sensi del Titolo VI Capo I della L.N..
Infatti il divieto introdotto dalla norma in commento riguarda, anche dopo la novella normativa formalizzata con la L. 246/05(cd. legge sulle semplificazioni, tutti quei documenti che risultano formalmente far parte della raccolta del Pubblico ufficiale, non potendo invece riguardare tutti gli altri documenti che, in forma pubblica e non, possono legittimamente essere rilasciati in originale dal Notaio alle parti.
A questo proposito, preciso che la violazione del citato divieto si ricollega alla fattispecie sanzionata dall'articolo 138 II comma lettera "c" della L.N., a mente del quale è punito con la sospensione da uno a sei mesi il Notaio che "non conserva, per negligenza, gli atti da lui ricevuti o presso lui depositati".
Giuseppe Palmisano Notaio in Grumo Appula.